Prevedere il passato - Marat n. 55
Nel 2027 Macron andrà in pensione. Riuscirà a inserire la propria storia in quella più lunga della nazione francese? L’ultimo numero di Marat, con qualche annuncio personale
Il lavoro di un giornalista non è prevedere il futuro, al massimo ciò che può fare è prevedere il passato, dice spesso Ilvo Diamanti. Fare scommesse sul futuro è un’attività cui sono dediti i politici, diceva invece Winston Churchill: «La principale qualità per un politico è l’abilità di prevedere cosa accadrà domani, la prossima settimana, il mese prossimo, l’anno prossimo… e l’abilità di spiegare, subito dopo, perché tutto ciò non è accaduto».
Con la newsletter di oggi termina questa edizione di Marat, e non mi avventurerò in previsioni che quasi certamente sbaglierei. C’è soltanto una certezza, per quanto riguarda la politica francese: nel 2027, a cinquant’anni ancora da compiere, Emmanuel Macron andrà in pensione, non potrà ricandidarsi alla presidenza della Repubblica e difficilmente accetterà di occupare posti da comprimario in un sistema così verticistico, quasi monarchico. Il suo ultimo mandato, dunque, avrà un doppio binario: le riforme necessarie a modernizzare il paese, con un’Assemblea molto più combattiva, dove i macronisti possono contare soltanto sulla maggioranza relativa – anche se per adesso i compromessi con le opposizioni, specialmente con i Républicains, sembrano funzionare –; l’eredità e il confronto con la storia, ossessivamente utilizzata da Macron per inserire la propria parabola politica all’interno di quella più lunga della nazione francese.
La tendenza da osservare nei prossimi cinque anni, e che sarà centrale nella valutazione dell’esperienza di Emmanuel Macron, è se il sistema politico si ristrutturerà attorno a due blocchi di centrodestra e centrosinistra moderati e dominanti, capaci dunque di alternarsi al governo del paese, oppure se la tripartizione tra uno spazio centrale e due estremi, a destra come a sinistra, sarà la nuova normalità. Oggi la seconda opzione sembra più probabile, perché i risultati elettorali di Rassemblement national e France insoumise sono stati al di sopra delle aspettative e garantiscono rendite di posizione difficilmente scalfibili, a cui va aggiunto il privilegio di restare all’opposizione e non confrontarsi con le scelte quotidiane, come invece è costretto a fare chi governa.
È chiaro che se nel 2027 l’Eliseo sarà conquistato da Marine Le Pen o da una personalità della sinistra radicale, il bilancio di Macron ne sarà intaccato. Per evitare un esito di questo genere il leader di Renaissance (nuovo nome dato al suo partito), deve provare a limitare la secessione delle élite che lo hanno eletto, rendendo il paese più inclusivo e capace di anestetizzare la collera che sembra sempre sul punto di esplodere.
Emmanuel Macron è stato eletto su una promessa bonapartista più che gollista: è lo spirito di conquista che lo trascina all’Eliseo nel 2017, la sfrontatezza e la trasgressione sono due ingredienti fondamentali del suo successo, così come la radicalità. Il suo mandato, invece, è stato segnato da una certa tragicità. Le violenze dei gilet gialli, la pandemia, la guerra in Ucraina, senza dimenticare gli attentati islamisti e i 39 soldati caduti in missione nel Sahel: «La morte è una mia vecchia compagna», dice il presidente in una lunghissima intervista concessa al settimanale Le Point. La dimensione tragica sarà probabilmente la cifra del mandato che si apre. Liberato dalla necessità di essere rieletto, l’incubo del presidente che marcia è in effetti quello di trasformarsi, suo malgrado, in quello che lui stesso ha definito roi fainéant, in un re fannullone, incapace di utilizzare al meglio il secondo mandato per portare a compimento i progetti iniziati nel primo, come Jacques Chirac tra il 2002 e il 2007. Il rischio è tutt’altro che marginale: «In primo luogo bisogna sapere ciò che si vuole; quando lo si capisce, bisogna avere il coraggio di dirlo; quando lo si dice, bisogna avere il coraggio di farlo», diceva il primo ministro Georges Clémenceau. Al netto di alcune giravolte dovute al posizionamento centrale, che impone di spostarsi a destra o a sinistra a seconda delle circostanze, Macron sembra convinto di ciò che vuole ottenere, soprattutto non ha alcuna esitazione a dirlo. Per farlo non serve soltanto il coraggio, ma anche un po’ di fortuna.
Raccontare questo anno così pieno di cambiamenti è stato per me un privilegio, reso possibile dalle persone che si sono abbonate a Marat, hanno sostenuto il progetto, condiviso la newsletter sui social, scritto email per chiedermi informazioni in più, per segnalarmi errori o imprecisioni. Seguire i candidati sul campo è ciò che preferisco del mestiere, oltre naturalmente a prevedere il passato: non posso fare altro che ringraziare tutti gli abbonati uno per uno.
Un altro ringraziamento va a NightReview, che ha prodotto Marat con entusiasmo, occupandosi della logistica dei miei spostamenti e del contenuto di ogni singolo numero: questa newsletter è un prodotto allo stesso tempo personale e collettivo, se si avvicina a un prodotto professionale è tutto merito della casa editrice che se ne occupa settimana dopo settimana. E all’Opinion, il mio giornale, che mi ha permesso di passare dei mesi a Parigi nonostante il mio ruolo di corrispondente in Italia, e anzi mi ha dato una grandissima mano a ottenere accrediti e informazioni di prima mano che altrimenti non avrei mai avuto. Questo mi porta a concludere con qualche aggiornamento personale. Da fine 2018 il mio lavoro principale non è seguire la politica francese bensì quella italiana: per l’Opinion seguirò la campagna elettorale per le politiche del 25 settembre e più in generale molto di quello che accade in Italia (i miei articoli, per chi legge il francese, si trovano qui).
NightReview non produce soltanto questa newsletter, ma anche Cavour, il podcast che ho curato per tre stagioni e che racconta la politica estera vista da Roma: stiamo riflettendo su come far proseguire il progetto, sperimentando anche nuove forme. Non appena dovessero esserci delle novità, sarete i primi a saperlo.
Entro la fine del 2022 NR edizioni pubblicherà il libro, che sto traducendo, della giornalista del Monde Ariane Chemin, Alla ricerca di Milan Kundera, una biografia sulla vita dello scrittore ceco e sul perché dal 1985 ha deciso di non apparire più pubblicamente.
Infine, in questi anni ho girato l’Italia per approfondire il suo rapporto con il mare, e tutto quello che ho imparato lo sto scrivendo in una raccolta di saggi e reportage: se tutto va bene, uscirà nella prima parte del 2023, sempre per NR edizioni.
Non so dove sarò, né che impegni avrò nel 2026, ma se le condizioni lo permetteranno, Marat tornerà per raccontare la prima campagna presidenziale senza Emmanuel Macron. Potrebbe esserci qualche episodio speciale una volta tanto (per questo, non disiscrivetevi!), ma per ora, la newsletter prende una lunga pausa (c’è sempre tutto l’archivio a disposizione), anche se sarà sempre il mezzo privilegiato per comunicare con voi.