La campagna elettorale è cominciata per tutti, ma non per Macron - Marat n. 21
I Républicains hanno scelto Valérie Pécresse come candidata, Éric Zemmour ha annunciato che correrà, gli altri cercano visibilità. Manca soltanto un protagonista, ma sembra non avere fretta
Salle Gaveau, rue de la Boétie, VIII arrondissement di Parigi, a pochi passi dall’Eliseo e dagli Champs Élysées. Nicolas Sarkozy è invitato a parlare del suo rapporto con la cultura di fronte a circa ottocento persone. L’incontro, organizzato dal quotidiano Le Figaro, è un’occasione per dimostrare, ancora una volta, di essere un uomo colto, all’altezza dei suoi predecessori anche in questo. Un modo per rispondere a chi lo considerava e lo considera, in fondo, un uomo di vedute ristrette, superficiali. La scusa è la presentazione del suo nuovo libro, Promenades, delle passeggiate nel mondo della cultura e dell’arte.
Sarkozy racconta la sua dieta culturale, almeno cinquanta pagine di lettura al giorno: «L’arte è vitale!» esclama, accompagnato da un brusìo di approvazione del pubblico, già conquistato in partenza. « È una priorità. Come si può trascorrere una giornata senza leggere un libro? Dal mio punto di vista è pericoloso».
L’ex presidente continua, si concentra sulla pittura, e cita i Giocatori di Carte di Cézanne, quadro che lo ha rapito fin da piccolo: « Mi ha davvero emozionato. Da dove viene la magia di queste persone che possiedono una tale tecnica, una tale maestria e la utilizzano senza uccidere l’emozione? È in quel momento che ho scoperto il bello per la prima volta e poi per tutta la vita gli sono corso dietro: non c’è niente da spiegare di fronte al bello. C’è da essere emozionati. È una emozione condivisa».
Il pubblico applaude, ma non è venuto soltanto per questi passaggi retorici e per la presentazione del libro. La sala è iconica: è qui che Sarkozy ha celebrato la sua vittoria nel 2007, l’ultima volta che un politico post-gollista è entrato all’Eliseo. La data era fissata da tempo ma è impossibile non notare le coincidenze del calendario: Éric Zemmour ha appena annunciato la sua candidatura, due giorni dopo gli iscritti dei Républicains, il partito dello stesso Sarkozy, sceglieranno i due finalisti alle primarie interne. Il risultato è in bilico, ed è impossibile effettuare sondaggi credibili a causa del ristretto e specifico corpo elettorale (140mila iscritti che hanno votato online).
Gli viene chiesto delle primarie, di cosa intende fare: «Mi interrogo come tutti voi», risponde, cercando di schivare la domanda. Ma poi non si trattiene, e si lascia andare: «Mi dicono che “bisogna aiutare il leader”… ma se il leader ha bisogno di essere aiutato, se ha bisogno che lo si prenda per mano, non è un leader!».
Valérie Pécresse, presidente della regione dell’Île de France, ex ministra dell’Istruzione e del Tesoro durante la presidenza Sarkozy, e nuova candidata dei Républicains, avrà segnato con una matita rossa le frasi dell’appassionato d’arte Sarkozy. Giovedì si è qualificata a sorpresa al secondo turno arrivando seconda ed eliminando i favoriti Michel Barnier e Xavier Bertrand; sabato Pécresse ha sconfitto Eric Ciotti con il 60% dei voti, probabilmente perché è riuscita a incarnare la linea del centrodestra moderato più apprezzata dai militanti: liberale in economia, soprattutto sul versante della spesa pubblica, che andrebbe nelle sue intenzioni drasticamente ridotta tagliando il numero dei funzionari pubblici, molto restrittiva sull’immigrazione e fortemente attenta all’istruzione.
Una piattaforma non molto distante da quella che permise a François Fillon di vincere le primarie del partito nel 2016 e di ottenere il 20% alle elezioni presidenziali del 2017, malgrado gli scandali. Rieletta lo scorso giugno alla guida dell’Île de France, la regione più popolosa e importante di Francia, Pécresse è riuscita a far dimenticare agli iscritti la scelta di lasciare il partito nel 2019, in polemica con l’allora segretario Laurent Wauquiez, accusato di aver spostato i Républicains troppo a destra.
Infine, è la prima candidata donna del centrodestra post-gollista alle presidenziali, un fattore di novità benvisto per un partito considerato vecchio e poco innovativo.
Le frasi di Sarkozy non rappresentano soltanto il suo pensiero, ma ciò che pensano molti elettori di centrodestra: la politica di Macron non è così diversa da quella che avrebbe condotto un presidente post-gollista, e soprattutto è favorito, può vincere. Pécresse può quindi recuperare chi oggi è sedotto dal presidente e dimostrare di essere competitiva? È la sua sfida, e ne ha fatto uno slogan: «Sono l’unica che può battere Macron, sono l’unica che può vincere».
Non sarà semplice: il 52% degli elettori dei Républicains afferma di avere un’opinione positiva di Macron secondo l’istituto Ifop. Secondo l’istituto Elabe, soltanto il 40% dell’elettorato che ha scelto François Fillon nel 2017 oggi sceglierebbe Valérie Pécresse, il 25% voterebbe per Emmanuel Macron, un altro 25% per Éric Zemmour e il resto si dividerebbe tra l’astensione e Marine Le Pen.
È ancora presto per capire se le primarie avranno un impatto su questi numeri, ma finora la candidata non è mai sembrata in grado di arrivare al ballottaggio, tutti i sondaggi le attribuiscono tra l’8 e l’11%. Il presidente non può comunque sottovalutare la nuova sfidante: ha un profilo moderato, credibile, che può piacere a una parte di francesi che finora dichiara di sostenerlo. Forse, anche per la posizione di outsider interna al suo stesso partito, Valérie Pécresse è la candidata migliore che i Républicains potevano contrapporre a Emmanuel Macron.
La campagna elettorale è un insieme di date, momenti, annunci. Il tavolo da gioco non è sgombro, vince chi indovina gli incastri. Questa settimana, in teoria, era il momento dei Républicains: un dibattito televisivo, le primarie interne a due turni, il giovedì i risultati del primo, il sabato il vincitore definitivo del ballottaggio.
Martedì, Éric Zemmour ha invece lanciato la non-notizia che tutti attendevano: è ufficialmente candidato alla presidenza della Repubblica. L’annuncio è contenuto in un videomessaggio di dieci minuti che ha subito scatenato polemiche durissime. Quasi tutte le immagini utilizzate non sono autorizzate: Zemmour non ha pagato i diritti per nulla.

Secondo l’analisi del Monde, 114 sequenze del video sono composte da immagini per le quali il polemista non ha chiesto i diritti, il 39% del totale è quindi rubato (c’è anche un breve passaggio non autorizzato ripreso da una pubblicità del marchio italiano Sergio Tacchini per mostrare la bellezza delle montagne francesi. Nel video originale però non è specificato di quali montagne si tratti…). Il servizio immagini del programma televisivo Quotidien ha stimato il furto in circa 100mila euro, cifra che aumenterà a causa dei risarcimenti.
Il video ha mostrato i limiti della campagna del polemista, da qualche settimana in grande difficoltà. I sondaggi sono in calo, nessuna personalità politica di primo piano ha dichiarato pubblicamente di voler votare per lui o di voler partecipare alla sua avventura, le prime interviste hanno mostrato la sua difficoltà a calarsi nel ruolo di candidato, che implica proporre soluzioni relativamente credibili per i problemi. La constatazione della loro esistenza non è più sufficiente.

Cosciente delle difficoltà, dopo l’annuncio ufficiale Zemmour ha quindi deciso di occupare ancora di più il terreno annunciando il suo primo grande comizio per domenica pomeriggio (oggi). L’intenzione di rubare la scena ai Républicains è evidente, ed è parte di una strategia più ampia: conquistarne gli elettori. Ne abbiamo già parlato, il polemista intende costruire un’alleanza tra classi popolari e quella che definisce «borghesia patriota», due elettorati al momento scissi tra Rassemblement national e Républicains.
Per Pécresse, la candidatura di Zemmour è al tempo stesso un’occasione e un pericolo. I Républicains, come i partiti di sinistra lontani dalla soglia di qualifica per il secondo turno, hanno bisogno di Zemmour, perché il polemista ha abbassato, di fatto, a meno del 20% la soglia di accesso al ballottaggio. Tuttavia, a differenza dei partiti di sinistra, per i Républicains Zemmour è un rischio perché parla allo stesso elettorato.
Lontano da tutti, Emmanuel Macron va dritto per la sua strada. È ormai l’unico a non aver dichiarato ufficialmente che parteciperà alle elezioni presidenziali, perché la sua strategia prevede di indossare il vestito da presidente finché sarà possibile. In piedi sul palco allestito all’interno del Pantheon, il 30 novembre scorso Emmanuel Macron ha dato il benvenuto al feretro della cantante franco-americana Josephine Baker, prima donna nera a ottenere il diritto di riposare tra i grandi di Francia, con una cerimonia da grandeur francese. Macron non tiene ancora comizi ma utilizza sapientemente le occasioni ufficiali, e in particolare le commemorazioni, per tratteggiare la sua idea di Francia.
Così, questa settimana, mentre i candidati cercano di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica senza grande successo, il presidente si è occupato di memoria al Pantheon, di futuro a Roma, dove ha siglato il Trattato del Quirinale, di politica estera ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, firmando contratti militari dal valore di 18 miliardi di euro.
La campagna elettorale è forse cominciata per gli altri, per Macron può aspettare.
Consigli di lettura e fonti
La cronaca della serata di Sarkozy alla salle Gaveau, raccontata dal Figaro, e analizzata dal Point, molto divertito dallo «show» dell’ex presidente.
Un lungo ritratto di Valérie Pécresse, scritto da Dominique Albertini su Libération. Il Point si concentra invece sul suo direttore di campagna, Patrick Stefanini, lo «stregone» che aveva già trasformato François Fillon da outsider a candidato vincente.
I problemi del video di Zemmour, la «prossimità rivendicata» tra Macron e Sarkozy, secondo il Monde, mentre per l’Opinion il presidente uscente ha molto da imparare dal fallimento del suo predecessore, incapace di farsi rieleggere perché entrato in campagna troppo tardi.