Ambizioni e rivalità in vista del 2027 - Marat n. 54
Tra cinque anni Macron non potrà ricandidarsi e questo apre la strada alla battaglia per la sua successione. Un’Assemblea così composita consente ai giovani deputati di avere molta visibilità
È la prima volta dal 2002 che un presidente della Repubblica viene rieletto e, come nel 2002, il mondo politico francese affronterà i prossimi cinque anni preparandosi alla successione: Macron non potrà ricandidarsi, se il macronismo potrà diventare uno spazio politico capace di sopravvivere al suo ispiratore (come accadde per il gollismo) è tutto da vedere, forse difficilmente accadrà, e dunque c’è spazio per nuovi protagonisti. L’Assemblea nazionale, per la prima volta da anni senza maggioranza assoluta e con diversi gruppi in grado di ottenere visibilità, sarà il centro della battaglia per il 2027.
Ma quali sono le personalità con maggiori ambizioni da tenere d’occhio nei prossimi cinque anni?
I macronisti
Édouard Philippe è il personaggio politico più popolare del paese, non ha mai fatto mistero di puntare alla presidenza della Repubblica nel 2027 ed è uno dei principali azionisti della maggioranza macronista all’Assemblea nazionale. Sindaco di Le Havre, ex primo ministro dal 2017 al 2020, è a capo di un nuovo partito politico, Horizons, fondato a ottobre 2021, che ha ottenuto 30 seggi in Parlamento ed è diventato decisivo per la tenuta del gruppo Ensemble, che riunisce i deputati che sostengono il programma del presidente. Proprio la scelta di fondare un movimento separato e non partecipare alla costruzione del partito di Macron ha determinato grande tensione tra Philippe e il presidente, con cui i rapporti si erano già molto incrinati nel 2020, quando Macron decise di sostituirlo. Durante la recente campagna elettorale, quando si negoziavano le candidature, di fronte alle richieste di Philippe per un gran numero di circoscrizioni per i suoi candidati, il presidente aveva risposto in modo stizzito con una frase riportata dal Canard Enchainé e mai smentita: «Ha fumato i vapori del porto di Le Havre? Mi deve tutto!». La rivalità tra i due sarà uno dei principali nodi politici di questo quinquennato.
Bruno Le Maire, ministro dell’Economia, è nei fatti il membro più potente del governo di Elisabeth Borne, soprattutto in una fase storica dove la gestione dell’economia tornerà a essere un grande tema di polarizzazione politica. Sono ben 4 i ministri delegati (un ruolo simile a quello del sottosegretario in Italia) che rispondono direttamente a Le Maire, in un ministero che è già molto solido dal punto di vista amministrativo. La longevità al ministero dell’Economia, che Le Maire guida dal 2017, è un indicatore significativo della sua influenza: essere al cuore di tutte le decisioni più importanti di politica economica lo rende uno dei principali candidati alla successione del presidente della Repubblica.
Gérald Darmanin è il terzo “tenore” del macronismo, anch’egli confermato al suo ministero, l’Interno, che guida dal luglio 2020 malgrado la sua gestione sia stata segnata da numerose polemiche. Da un lato, legate al suo ruolo di ministro, molto duro nell’affrontare le proteste di piazza, poco aperto nei confronti dell’immigrazione, oltre a una serie di piccoli scandali come quello dello Stade de France durante la finale di Champions League di quest’anno. Dall’altro lato, legate a suoi comportamenti personali: dal 2017Darmanin è stato accusato più volte di stupro e molestie sessuali, fatti su cui la magistratura ha aperto un’indagine poi archiviata nel luglio 2022. A ogni modo, è uno dei pochi ministri-candidati alle elezioni legislative di quest’anno a essere stato rieletto deputato senza fatica, nella sua circoscrizione nel nord est con il 57,5% dei voti: è giovane (40 anni ancora da compiere), brillante e molto efficace nei dibattiti televisivi.
Rassemblement national
Jordan Bardella è il vero enfant prodige della politica francese. Ha soltanto 26 anni, è stato candidato capolista alle europee del 2019, poi alla presidenza della regione Île-de-France nel 2021, ed è oggi il presidente del partito. La sua principale qualità è quella di essere apprezzato trasversalmente da tutte le correnti di destra, che lo ritengono meno estremista della media dei membri del Rasseblement national e sicuramente capace di parlare all’elettorato popolare rurale come a quello delle periferie dei grandi centri urbani. A dimostrazione di quanto il Rassemblement national non si aspettasse un gran risultato alle elezioni legislative, ha deciso di non candidarsi per dedicarsi all’organizzazione del partito. Col senno di poi è stato un errore, ma è talmente giovane e apprezzato dai militanti che difficilmente scomparirà dai radar.
Laure Lavalette è invece l’esempio contrario. Ha strappato una circoscrizione a En Marche nel Var, al sud, una delle zone dove il Rassemblement è storicamente più radicato e competitivo, e si è subito distinta per la sua costante presenza ed efficacia nei talk show, che l’hanno resa uno dei volti nuovi del partito, una corsa già cominciata durante le elezioni presidenziali, quando era una delle portavoce di Marine Le Pen. Cattolica praticante, con posizioni molto nette sui temi sociali, nel 2014 ha firmato un appello contrario all’aborto (anche se ha poi detto di aver cambiato idea), e si oppone alla procreazione medicalmente assistita.
Gli Insoumis
Jean-Luc Mélenchon ha 70 anni, ha deciso di non candidarsi alle elezioni legislative per fare spazio a una nuova generazione di Insoumis, cresciuta in questi cinque anni di opposizione intransigente a Emmanuel Macron. Adrien Quatennens è uno dei favoriti per raccoglierne l’eredità: giovane, radicale, a suo agio in televisione e nei comizi, amato dai militanti del partito. Al suo secondo mandato da deputato, Quatennens ha 32 anni ed è stato uno dei quindici candidati ad aver superato il 50% al primo turno alle ultime elezioni legislative.
Clémence Guetté è uno dei volti più riconoscibili della France insoumise, che come nel 2017 si conferma un gruppo politico molto giovane, il più giovane dell’Assemblea nazionale, 43 anni di media. Guetté ne ha 31, militante dal 2010, ha coordinato il programma di Jean-Luc Mélenchon durante la campagna per le elezioni presidenziali del 2022. È stata eletta per la prima volta deputata quest’anno e ha avuto un ruolo molto importante nelle trattative che hanno portato alla nascita della Nupes, l’alleanza di tutti i partiti di sinistra: «Parla molto bene, sembra quasi di destra ma in realtà tira fuori delle cose super radicali in tutta tranquillità», ha detto di lei Juliette Prados, capo ufficio stampa del partito. L’Assemblea nazionale può essere un’ottima tribuna.
Partito socialista
Nelle settimane successive alle elezioni regionali del 2021, la stampa francese ha scritto e parlato molto di Carole Delga, del Partito socialista, eletta presidente dell’Occitania con la percentuale più alta di quella tornata elettorale. In molti vedevano in lei un’ottima candidata alle elezioni presidenziali: moderata, con un consenso territoriale strutturato e lontano dal piccolo mondo parigino, efficace in televisione, e benvoluta dai militanti del partito. Poi le cose sono andate diversamente, ma dopo il disastro di Anne Hidalgo il suo nome è citato spesso tra quelle personalità che potrebbero restituire un futuro al Partito socialista, anche perché Delga non ha condiviso la scelta di allearsi con la France insoumise, che giudica troppo radicale e incompatibile con un programma di governo.
La destra moderata
I Républicains erano dati per finiti dopo il risultato pessimo di Valérie Pécresse, ma alle elezioni legislative hanno dimostrato di essere ancora capaci di eleggere un gruppo nutrito all’Assemblea nazionale. Nel 2027 Emmanuel Macron non ci sarà, e Laurent Wauquiez, già presidente del partito tra il 2017 e il 2019, sembra voler tornare di nuovo alla politica nazionale dopo essere stato rieletto alla testa della regione Auvergne-Rhone Alpes nel 2021. Sarebbe interprete di una linea piuttosto radicale, per alcuni versi vicina a quella di Éric Zemmour.
L’altra possibile strada che hanno davanti i Républicains è rappresentata da Aurélien Pradié, 37 anni, rieletto deputato senza problemi nella sua circoscrizione del Lot, nel sud-ovest del paese: incarna una linea più moderata, di destra sociale, non soltanto sui contenuti ma anche nei toni, sempre pacati e concilianti. Non è un agitatore di folle, ma è molto popolare tra le fasce più giovani dei militanti, che vedono in lui un ottimo profilo poco compromesso con i pesi massimi del partito come Sarkozy, che ormai si ritiene abbiano fatto il loro tempo.
Estremamente utile, quanto scrive Francesco Maselli, in particolare per chi vive qui ed è interessato a cercare dì capire di più come si muovono i giochi della politica francese. Spero che Maselli possa e voglia continuare a fornirci strumenti di lettura.
Articolo molto interessante ed intalligente, vorrei leggere qualcosa di simile riguardo all'Italia che va a votare.
Per quanto riguarda la Francia, l'articolo aiuta a capire e a seguire la politica francese.
Questo Macron si è rivelato una vera delusione ed é stato inconcludente, ha continuamente tentato di nascondere tante amare verità e di negare tante evidenze. Lo stato franvese é in profonda crisi, non fa le riforme, ha una burocrazie pletorica ed inefficiente, che lavora poco e intralcia chi lavora veramente, tuttavia manca di personale là dove c'é bisogno. Il secondo mandato penso sarà inconcludente. a meno che Macron non prenda un pò di coraggio e cheieda l'appoggio alla destra, a TUTTA la destra.