Il patriota Mbappé - Marat n. 46
Il calciatore francese più forte e famoso ha deciso di rinnovare il contratto con il Paris Saint Germain. Non è solo una questione sportiva, va molto oltre e coinvolge la politica interna ed estera
Kylian Mbappé, 23 anni, nato a Bondy, periferia nord di Parigi, tra i più forti calciatori al mondo e protagonista del mondiale vinto dalla Francia nel 2018, resterà a giocare nel Paris Saint Germain (Psg), la squadra della capitale, fino al 2025, malgrado la grande offerta ricevuta dal Real Madrid, il club più vincente al mondo. Può sembrare strano aprire un numero di Marat con questa notizia, comunicata una settimana fa in una conferenza stampa al Parc des Princes, lo stadio del Psg, ma il rinnovo di contratto del campione parigino è una questione che va molto oltre lo sport. Non soltanto per l’ingaggio faraonico garantitogli dalla proprietà, secondo diversi retroscena circa 50 milioni di euro netti all’anno più 130 milioni di premio alla firma. È anche una questione politica, e geopolitica. Basta guardare la grandissima attenzione riservata all’annuncio dai media e l’intervista televisiva concessa da Mbappé al telegiornale delle 20 di Tf1, che ha registrato un picco di telespettatori inusuale per lo sport.
L’attaccante non appartiene soltanto al Psg, ma a tutta la Francia, e intende legare il suo nome a entrambe le realtà. La scelta relativa allo sfruttamento dei diritti d’immagine del calciatore ne è un esempio: parte dei ricavi di sponsor e attività extracalcistiche sarà riservata al club, che potrà utilizzare il calciatore anche per proprie campagne pubblicitarie. L’offerta madrilena prevedeva invece una totale libertà per Mbappé, che avrebbe potuto gestire in proprio questo aspetto (per gli sportivi più famosi, fonte di ricavo ben più importante rispetto all’ingaggio sportivo).
D’altro canto, una delle condizioni poste da Mbappé per il suo rinnovo è stata la possibilità di rappresentare la Francia ai prossimi giochi olimpici parigini del 2024, una partecipazione che in genere i club osteggiano: le nazionali hanno dei precisi limiti di età da rispettare (23 anni), e possono convocare soltanto tre fuoriquota per un torneo considerato secondario dal mondo del pallone. Ma appunto, in questo caso, il calcio c’entra poco: ciò che conta è portare una medaglia in più alla nazione.
In queste settimane di trattative, Mbappé ha chiesto consiglio non soltanto alla sua famiglia, il “clan” che gestisce la sua immagine, ma anche a una serie di personaggi piuttosto influenti. In primo luogo al presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, con cui ha parlato più volte al telefono per discutere del proprio futuro, e all’ex presidente Nicolas Sarkozy, grandissimo tifoso del Psg e amico personale dei proprietari, che hanno comprato il club durante la sua presidenza.
Macron, che è un tifoso dell’Olympique Marsiglia, ha sempre sottolineato l’importanza di un giocatore come Mbappé per il campionato francese, molto meno seguito rispetto a quello inglese, italiano o spagnolo. La Ligue 1 senza Mbappé non è la stessa cosa, e questo si ripercuote nel sistema dei diritti televisivi, delle sponsorizzazioni e delle vendite di biglietti e abbonamenti, fattori di cui beneficiano tutti i club francesi. Oggi i diritti televisivi francesi valgono 624 milioni di euro all’anno, la cifra più bassa dei 5 campionati maggiori europei: senza Mbappé varrebbero probabilmente molto meno. La retorica, accompagnata dai media e da tutta la politica, è che un personaggio del genere contribuisce all’attrattività del paese, un po’ come la Tour Eiffel, il Louvre, la Costa Azzurra e il Tour de France. L’aura del calciatore è talmente forte da far gola a tutte le forze politiche: il presidente del Rassemblement national, Jordan Bardella, ha commentato immediatamente la scelta di Mbappé in un’intervista a France info: «Mi complimento con Mbappé, è un modello di assimilazione, specialmente per i giovani stranieri, per i giovani delle periferie [...], la madre è senegalese». Un’affermazione falsa: Mbappé è nato in Francia da madre nata in Francia (di origini algerine) e padre nato in Camerun.
Kévin Veyssière, fondatore del sito Football Club Geopolitics ed esperto delle dinamiche di questo tipo, mi ha spiegato in che modo Mbappé si inserisce nella retorica nazionale: «Simboleggia la “riuscita” francese, è molto a suo agio nei media, è una persona intelligente e misurata. Il suo rinnovo di contratto, a livello politico, equivale a una grande azienda del made in France che decide di investire nel paese e mantenere la propria produzione sul territorio nazionale. Per il Psg è un ottimo colpo: l’ingaggio di campioni a fine carriera come Messi è una mossa di marketing più che sportiva, con Mbappé la squadra invece lancia un segnale di competitività alle rivali europee».
«Non ho detto no al Real, ho detto sì alla Francia e al nuovo progetto del Psg. Ho risposto all’appello della patria e della capitale», ha detto il calciatore, scegliendo volutamente di dare un colore politico alla propria scelta «di vita». Non è il primo campione a rifiutare il Real Madrid: Francesco Totti, all’apice della sua carriera, aveva rifiutato il Real per restare alla Roma, ma l’ha fatto appunto per amore della sua squadra e della sua città. Anche Alessandro Del Piero, stella della Juventus, decise di non lasciare Torino per andare a giocare a Madrid, così come Steven Gerrard, bandiera del Liverpool, più volte vicino ai madrileni. Nessuno di questi ha, tuttavia, tirato in ballo “la patria”, né ha ricevuto pressioni dal presidente della Repubblica in carica o è stato invitato al telegiornale principale del paese, come se fosse un politico di primo piano, per spiegare le ragioni della propria scelta.
Però la questione di Mbappé non si limita alla sola politica interna. Il Psg è di proprietà della Qatar Sports Investments, società filiale del fondo sovrano qatarino, la Qatar Investment Authority; il presidente del club è Nasser al-Khelaïfi, ministro del governo qatarino e uomo molto importante nel panorama calcistico europeo. Questo vuol dire che, di fatto, il Psg è di proprietà del Qatar, e può contare su fondi potenzialmente illimitati: ecco perché gli investimenti faraonici per ingaggi e cartellini dei giocatori non sono mai stati un problema per le casse del club parigino, accusato più volte di non rispettare le regole finanziarie imposte dall’Uefa, l’associazione che gestisce il calcio europeo.
Il Psg è la parte più visibile dell’influenza del piccolo emirato in Francia, un progetto che va avanti dai primi anni Duemila. Nel 2008, per attrarre investimenti, il presidente Nicolas Sarkozy aveva esonerato dalle tasse i profitti immobiliari delle società e degli individui qatarioti, un vantaggio in vigore ancora oggi: secondo l’amministrazione fiscale francese, il “regalo” vale ogni anno tra 150 e 200 milioni di euro in mancati introiti in imposte. Il Qatar è il quindicesimo investitore straniero in Francia, e possiede enormi interessi nell’immobiliare, nel turismo, nell’energia, nei media e nel settore militare. Quest’ultimo è uno dei principali motivi della grande vicinanza tra Parigi e Doha: nel 2015, il Qatar ha acquistato 24 caccia Rafale, un accordo dal valore di 6,3 miliardi di euro, replicato nel 2017 con la vendita di altri 12 caccia e diverse centinaia di veicoli blindati, al costo di oltre 11 miliardi di euro. Sempre nel 2017, la Qatar Airways ha ordinato 50 aerei di linea Airbus, un contratto da circa 6 miliardi di euro (anche se al momento le due società sono in causa e l’accordo potrebbe saltare), e la Ratp, la società che gestisce i trasporti in Île de France, ha vinto la gara d’appalto per costruire la metropolitana di Doha, che dovrebbe entrare in servizio proprio nel 2022.
Il 2022 è un anno decisivo: nel 2010, il Qatar, nella sorpresa generale, ha ottenuto l’assegnazione dei mondiali di calcio, che si giocheranno per la prima volta in autunno, dal 21 novembre al 18 dicembre di quest’anno. Numerose inchieste giornalistiche hanno messo in evidenza la possibile corruzione di dirigenti della Fifa (l’organo di controllo del calcio mondiale) per un’assegnazione piuttosto inusuale, in un paese che non ha nessuna cultura calcistica e soprattutto un clima incompatibile con grandi manifestazioni sportive. Le condizioni disumane a cui sono sottoposti gli operai che lavorano nei cantieri di costruzione degli 8 stadi che ospiteranno le partite, e lo spreco energetico degli impianti, costruiti per garantire temperature di circa 18 gradi a livello del terreno di gioco contro i più di 30 gradi dell’esterno, sono fonte di sporadiche critiche di media e tifosi. Il Guardian ha calcolato che dal 2010 sono morti più di 6500 lavoratori, e alcune nazionali hanno minacciato di boicottare la manifestazione, senza tuttavia dare seguito alle minacce, almeno per ora. Utilizzo l’aggettivo “sporadiche” perché, in fondo, in pochi hanno realmente messo in discussione l’evento.
Per il Qatar, la Francia è il centro della propria strategia di influenza e di soft power attraverso gli investimenti sportivi. Bein Media Group, prima rete televisiva di canali sportivi al mondo, di proprietà del Qatar e di cui Nasser al-Khelaïfi è fondatore e amministratore delegato, è una dei pilastri di questa strategia. La rete televisiva Bein Sports, presente in 46 paesi, ha cominciato a trasmettere in Francia nel 2012 dove detiene i diritti della Ligue 1 (poi rivenduti ad Amazon e Canal +), della Serie A, della Bundesliga (il campionato tedesco), degli europei di calcio e della Champions League. La società detiene i diritti di trasmissione di Ligue 1 e degli europei di calcio sia negli Stati Uniti che in Canada (e in passato trasmetteva anche Liga e Serie A) e trasmette la Serie A, la Liga e la Ligue 1 in Spagna. Bein Sports non si occupa soltanto di calcio, ma di tutti i principali sport. Secondo Veyssière, questa attenzione per gli eventi sportivi è parte della volontà qatarina di «diversificare la propria economia, oggi basata quasi completamente sull’estrazione e la vendita di idrocarburi. Per attrarre turisti e diventare un importante attore globale oltre l’energia, ha bisogno di migliorare la propria immagine e il calcio è perfetto per questo. Mbappé, che è una persona apprezzata, oltre a essere un campione, è la ciliegina sulla torta».
Il tutto, ovviamente, è finalizzato a rendere il mondiale qatarino il più consensuale e appetibile possibile: il rinnovo di contratto di Mbappé, che diventerà l’uomo immagine di questa coppa del mondo, è un elemento fondamentale della riuscita della manifestazione. Questa attenzione è uno dei motivi che ha spinto la proprietà del Psg a non sostenere la Superlega, il progetto di Champions League alternativa portato avanti da Real Madrid e Juventus per liberarsi delle istituzioni calcistiche come l’Uefa e la Fifa, che oggi organizzano tutti i principali tornei nazionali e internazionali. Come ha spiegato Jean-Baptiste Guégan, specialista in geopolitica dello sport e del calcio, in una lunga intervista al quotidiano Ouest France: «Il Qatar non si è mai messo contro le istituzioni calcistiche, e ha potuto utilizzare il Paris Saint-Germain come strumento per sostenere l’organizzazione del suo Mondiale. Il “potere sportivo del Qatar” è stato rafforzato dalla coppa del mondo: l’emirato si è dimostrato un investitore e un partner affidabile nei confronti della Fifa, che è la principale federazione sportiva mondiale, e in questo modo è riuscito ad avvicinarsi anche al Comitato olimpico internazionale, ottenendo l’organizzazione dei Giochi Olimpici Asiatici nel 2030, prima di Riyadh (Arabia Saudita) che li organizzerà solo nel 2034. È il preludio a una candidatura olimpica». Prepariamoci alle Olimpiadi in autunno.
Consigli di lettura e fonti
Il sito Footbal club Geopolitics, di Kévin Vayssière. L’intervista a Ouest France di Jean-Baptiste Guégan. L’articolo del Monde dedicato a Mbappé, calciatore “gollista”. Jean-Pascal Gayant, economista dello sport, riassume come sono cambiati i rapporti tra club e calciatori sul suo blog.
La pagina Wikipedia dedicata al mondiale 2022 dedica un intero paragrafo alla “corruzione”; il New York Times sottolinea la collusione tra Uefa e Psg sul fair play finanziario. Libération mette in fila tutte le questioni spinose che solleva l’evento. La Fifa dedica un articolo all’ingegnere a capo del progetto dell’aria condizionata degli stadi, soprannominato “dr. Cool”. Reuters scrive che questo tipo di strutture sono il futuro.
Per saperne di più sul peso del Qatar in Francia, il libro di Christian Chesnot e Georges Malbrunot, Nos très chers émirs.