L’importanza (e il costo) di dirsi parigini - Marat n. 23
Il costo medio di un appartamento è 11mila euro al metro quadro, con una crescita del 78% in meno di vent’anni. Il comune combatte la speculazione con qualche successo, ma i prezzi continuano a salire
«Buongiorno, la chiamo per l’appartamento che ho visto sul vostro sito, quello di 6 metri quadri, nel decimo arrondissement».
«Vediamo… quello a 60mila euro?».
«Sì. Volevo chiederle se avesse anche il bagno, dalla foto non si capisce».
«No, il bagno è in corridoio, in comune. Ma se preferisce le consiglio un altro appartamento che stiamo trattando, sempre di sei metri quadri, nel nono arrondissement. Il bagno c’è e lo vendiamo arredato. Costa 79mila euro».
«Ah sì, perché no».
«Glielo specifico, perché immagino lei stia cercando un investimento: affittare sotto i 9 metri quadri è illegale. Dopodiché, insomma, capiamoci, se lei è discreto lo affitta subito. C’è la fila per cose del genere tra i 450 e i 500 euro al mese!».
«Immagino... Allora domani alle 12?».
«Sì, va benissimo».
Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) ritiene che un livello «auspicabile» per valutare celle di polizia «intese per essere occupate da una sola persona che vi resti al massimo qualche ora sia nell’ordine dei 7 metri quadrati, 2 metri o più tra le pareti, 2 metri e mezzo tra il pavimento e il soffitto».
A Parigi, una cella di sei metri quadri può costare più di diecimila euro al metro quadro. E la conversazione che ho riportato qualche riga più sopra è avvenuta davvero, quando ho chiamato un’agenzia immobiliare.
Il mercato immobiliare parigino è talmente costoso da essere diventato un topos letterario: i turisti si fermano di fronte alle vetrine delle agenzie immobiliari e ridono delle richieste spropositate, che arrivano fino a 17/18mila euro al metro quadro per immobili non di lusso. «È sempre stata cara Parigi», mi hanno detto moltissime persone con cui ho parlato per scrivere questo numero di Marat. Negli ultimi anni, tuttavia, il mercato immobiliare è esploso. Secondo Le Figaro immobilier, il prezzo mediano degli appartamenti è aumentato del 29% in cinque anni, passando da 8.883 euro al metro quadro registrati a marzo 2015 agli 11.661 attuali. Dal 2006 al 2018, secondo l’Istat francese, i prezzi medi sono aumentati del 78%.
«Aspetti che cerco la chiave». L’ascensore del palazzo è bloccato, come spesso accade: non tutti i condomini hanno pagato l’installazione, così sono necessarie delle chiavi apposite per utilizzarlo. La “studette”, così viene definita la cella di sei metri quadri da 79mila euro, è al sesto piano. Il proprietario attuale ha compiuto un investimento accettando di pagare l’ascensore, commenta l’agente immobiliare: «È uno dei punti di forza». Al sesto piano, alla fine di un corridoio tanto stretto da consentire il passaggio di una sola persona alla volta, c’è una porta anonima, senza alcun segno di riconoscimento.
La studette dà una sensazione simile a quella del corridoio: claustrofobia. Il letto non è altro che una mensola che fa angolo con la minuscola cucina. Sotto di esso, un armadio, sopra, uno specchio. Il tavolo non c’è, o meglio è attaccato alla porta d’ingresso con un meccanismo richiudibile: quando si apre muoversi diventa complicato. «C’è anche la televisione, internet, è luminoso: la vista sui tetti di Parigi è rara», spiega soddisfatto l’agente.
Il mini-appartamento, che ricorda quello della famosissima scena di Renato Pozzetto ne Il ragazzo di campagna, è una chambre de bonne, le antiche camere destinate alla servitù della borghesia. Si chiamano così dal soprannome dato alle domestiche, bonne à tout faire, in grado di fare un po’ tutto nei lavori di casa. Oggi non esistono più, ma le loro antiche camere hanno trovato un nuovo utilizzo: «La richiesta per questo tipo di appartamento viene da persone che non abitano a Parigi ma trascorrono qui due o tre notti alla settimana e preferiscono dormire in queste piccole camere piuttosto che andare in albergo. È una soluzione comoda anche per gli autisti di Uber che non abitano a Parigi, e di notte riposano tra un turno e l’altro».
Simon, 30 anni, è un caso tipico dell’approccio alla casa parigina della borghesia francese. Originario di Troyes, nello Champagne, ha studiato giurisprudenza ad Assas, la facoltà di diritto che divide i corsi tra la sede centrale al Pantheon e rue d’Assas, di fronte al Jardin du Luxembourg. Durante gli anni universitari viveva a due minuti dalla facoltà, in una chambre de bonne di 11 metri quadri che pagava 600 euro al mese. Non aveva bagno: ogni volta doveva uscire, fare dieci metri di corridoio e utilizzare quello del piano: «Per me stare a due passi dall’università era una comodità irrinunciabile. Non volevo condividere l’appartamento con qualcuno, per risparmiare poi quanto, cento euro al mese sopportando un’ora di metropolitana per andare e tornare dai corsi?».
Secondo il sito SeLoger, tra i più utilizzati, il costo medio di un monolocale in affitto è di 40,30 euro al metro quadro, 806 euro per 20 metri quadri. Il prezzo scende se aumentano le stanze, 35,50 euro al metro quadro per un appartamento di due stanze più bagno (1.420 euro per 40 metri quadri), 33,89 euro al metro quadro per un appartamento di tre stanze (2.033 euro al mese per 60 metri quadri), 33,30 euro al metro quadro per un appartamento di quattro stanze (2.664 euro al mese per 80 metri quadri).
All’ultimo anno di università Simon ha conosciuto Clémence, che ha sposato la scorsa estate. Dopo aver vinto un concorso pubblico nell’amministrazione delle dogane i due sono andati a vivere in 65 metri quadri a Vincennes, un piccolo comune confinante con Parigi. Pagavano 1.380 euro al mese, «ma per delle persone abituate a vivere “dentro le mura” stare a Vincennes è pesante, ti senti lontano da tutti». Oggi Simon e Clémence vivono nel diciassettesimo arrondissement, una zona oggi abbastanza alla moda, in 56 metri quadri. Affitto mensile, 1.670 euro: «Nella nostra strada hanno appena venduto un appartamento simile a 750mila euro: noi non ce lo potremmo permettere. E forse non ce lo vorremmo permettere, con quella cifra vale la pena comprare qualcosa di più accogliente».
Il plusvalore immateriale di abitare a Parigi, di stare all’interno della tangenziale che cinge la città, il Périphérique, è parte della spiegazione sull’enorme aumento dei prezzi. Ma ci sono delle motivazioni economiche molto solide, mi spiega Guillaume Chapelle, economista a Sciences Po: «I tassi di interesse sono bassi, prendere denaro in prestito conviene. Se questo accade in un contesto di alti salari e di affitti in aumento, il prezzo dell’acquisto sale, perché la domanda è altissima mentre l’offerta resta stabile. Infine siamo di fronte a una profezia che si autoavvera: tutti investono perché sono convinti che i prezzi saliranno». Insomma, l’immobiliare parigino è diventato una cassaforte con dei rendimenti da mercati finanziari: la pandemia ha stabilizzato i prezzi durante il 2020, ma ci sono già i primi segnali di una nuova risalita.
Negli ultimi anni il comune ha provato ad affrontare in modo serio la speculazione. Nel 2018, è stato introdotto per legge un meccanismo di controllo sui prezzi degli affitti, l’encadrement des loyers: i nuovi appartamenti in affitto non possono superare una somma che varia a seconda del quartiere, della metratura e delle particolarità dell’edificio.
Secondo un’inchiesta del Monde, che ha analizzato diverse migliaia di annunci sul sito SeLoger, il 39% degli affitti proposti è al di sopra del massimo consentito. Tuttavia, pochissimi inquilini si rivolgono alla Commission départementale de conciliation (CDC), che interviene prima del giudice e prova a risolvere il conflitto tra le parti (le multe vanno da 5.000 euro per le persone fisiche ai 15.000 per le persone giuridiche). Una situazione che mi ha confermato l’agente immobiliare con cui ho parlato: «Io stesso pago di più di quanto dovrei. Mi piace dove sto, non ho intenzione di litigare con il mio proprietario di casa che alzando l’affitto non mi ha chiesto di trovare un garante. Non voglio perdere mesi a cercare un altro appartamento, magari anch’esso non a norma».
L’encadrement ha avuto un piccolo effetto: tra il 2017 e il 2018 gli affitti parigini erano aumentati del 7%, negli ultimi due anni sono rimasti stabili. Il comune ha, inoltre, condotto una dura battaglia contro gli Airbnb, riducendo di molto la possibilità di affittare tramite le piattaforme online: per le residenze principali, esiste un obbligo di registrazione sul sito del comune, il pagamento della tassa di soggiorno e un limite di 120 notti annue.
Chi intende affittare ai turisti un appartamento che non costituisce una residenza principale può farlo senza limiti di notti, ma deve chiedere un’autorizzazione al comune. Una volta ottenuta deve cambiare destinazione d’uso all’appartamento, pagare una tassa detta “di compensazione”, registrare l’appartamento sul sito del comune e poi pagare di volta in volta la tassa di soggiorno.
Oltre a queste due azioni ce n’è una terza, più incisiva: i logements sociaux, le case di proprietà del comune, o di una delle sue società partecipate, affittate a prezzi calmierati.
A pochi passi dal canal de l’Ourcq, nel diciannovesimo arrondissement, uno dei quartieri meno costosi che si sta tuttavia rapidamente gentrificando, il comune ha riqualificato un ex garage, trasformandolo in 149 abitazioni. L’operazione è stata gestita da Paris Habitat, la principale società pubblica che si occupa di case popolari e oggi gestisce 125.414 appartamenti in città.
Dopo la presentazione, Emmanuelle Cosse, ex ministra della Casa durante il mandato di François Hollande e oggi presidente dell’Union sociale pour l’habitat, l’organismo che rappresenta le cooperative attive nella costruzione e nella manutenzione delle case popolari, mi spiega come funziona la legge che consente ai comuni di trasformare proprietà immobiliari in appartamenti.
In caso di interesse pubblico lo Stato può decidere di vendere i propri immobili a un prezzo nettamente inferiore a quello di mercato: «Il ribasso è ancora più forte se l’immobile verrà poi trasformato in alloggi popolari. Società come Paris Habitat comprano il bene, lo ristrutturano, ne cedono una parte a prezzo di mercato a imprese private, il resto lo affittano a prezzi calmierati, attribuendolo a chi ne fa domanda attraverso liste d’attesa», dice Cosse.
Gli affitti ricevuti costituiscono il fatturato di queste società, insieme alle sovvenzioni del comune. «Siamo una sorta di braccio armato delle politiche abitative», scherza Stéphane Dauphin, direttore generale di Paris Habitat, mentre mi accompagna a fare un giro all’interno del complesso. Il palazzo è costruito con materiali a basso impatto energetico ed è strutturato in modo da dare uno spazio esterno, balcone o terrazzino, a quasi tutti gli appartamenti. Mentre usciamo dall’ascensore incontriamo una signora sulla sessantina. È una nuova inquilina, dopo sette anni di attesa e appartamenti «orrendi». Si dice contentissima della nuova casa, che a condizioni di mercato non si sarebbe potuta permettere: «Sono arrivata a settembre, mi sembra geniale. È tutto pulito, ordinato, i condomini sono gentili e tranquilli. La mia vita è cambiata», dice sorridendo.
L’azione dei logements sociaux è essenziale ma non sufficiente, e anzi contribuisce essa stessa, almeno in parte, all’aumento dei prezzi: circa il 23% degli appartamenti sono di proprietà del comune o delle società controllate, questo riduce la fetta del mercato privato, comprimendo l’offerta di alloggi.
Della scarsa offerta rispetto a una domanda feroce mi parlano anche Alessandro e Roberta, una coppia italiana che vive a Parigi da diversi anni e oggi è in attesa della seconda figlia. Li incontro in un bar che si affaccia sul canal Saint-Martin, una delle prime zone di Parigi a gentrificarsi all’inizio degli anni Duemila. Raccontano come hanno trovato casa in affitto nel quartiere: «Il nostro appartamento ha tre stanze, è grande 75 metri quadri e costa 2.390 euro al mese. Lo abbiamo trovato senza alcuna speranza, quasi per inerzia: l’annuncio online aveva pochissime foto, terribili: si vedevano soltanto i muri. Le agenzie non perdono tempo a curare gli annunci, sanno che affitteranno senza problemi. E spesso si scatenano aste, sia per l’acquisto che per l’affitto».
Oltre alla velocità, la coppia ragiona anche sulla qualità degli appartamenti, scadente rispetto a quella italiana: «Il mercato francese è molto diverso da quello italiano, le aspettative cambiano, si abbassano rispetto al prezzo, lo stato di manutenzione di edifici e appartamenti è mediamente meno elevato perché ristrutturare è molto costoso e i lavori sono lentissimi».
La grande difficoltà, per chi arriva da fuori, è che quasi sempre i proprietari di casa chiedono un garante con un lavoro in Francia. A meno che non si disponga di una liquidità tale da pagare un anno di affitto in anticipo. Dei requisiti impossibili da ottenere per molti e che hanno creato nuove figure professionali, mi spiega Alessandro: «Il comune può fare da garante fino a una certa somma, ma ormai diverse start up offrono questo servizio: si paga una percentuale sull’affitto in cambio della garanzia».
Per Alessandro e Roberta, come per moltissimi che abitano a Parigi, l’arrivo di un bambino cambia completamente le prospettive: «Alcuni escono dal Périphérique e accettano di passare un’ora o più al giorno nei mezzi di trasporto. Si guadagnano metri quadri, si perde del tempo. Altri cominciano a ragionare sull’acquisto, ma parliamo di cifre astronomiche. Noi avremmo bisogno di circa cento metri quadri: a Parigi è difficile trovare questo tipo di metratura e comunque siamo ampiamente sopra il milione». I salari in città sono alti, ma non così alti: in media 25 euro netti a ora secondo l’Istat francese, tra i 3.500 e i 3.700 euro al mese.
A causa dell’aumento dei prezzi e della grande densità abitativa, il comune di Parigi ha perso circa diecimila abitanti all’anno negli ultimi cinque anni. Una tendenza quasi impercettibile rispetto agli oltre 2 milioni di residenti complessivi, che ha fatto però esplodere i prezzi nelle periferie più vicine alla capitale, soprattutto quelle che saranno collegate al centro con il Grand Paris Express, la nuova metropolitana in costruzione.
Molti si chiedono se la città, grazie ai nuovi trasporti e all’abitudine dei suoi cittadini, riuscirà a cambiare scala, a diventare più grande come accaduto a New York o Londra. Per adesso, il richiamo dei venti arrondissement è ancora troppo forte: «La verità è che per dirci parigini siamo disposti a pagare», conclude Simon.
Consigli di lettura e fonti
Perché nessuno rispetta l’encadrement des loyers, spiegato dal Monde. I prezzi degli appartamenti tengono nonostante la pandemia, racconta l’Obs, l’Insee (l’Istat francese) scrive che ormai Parisi è «inaccessibile» per la maggior parte dei cittadini della regione Île de France.
Secondo il sito SeLoger c’è una diminuzione del numero degli acquirenti nell’ultimo anno, per questo motivo i prezzi sono stabili. Non è detto che lo rimarranno e anzi, scrive Les Echos, la stabilità dei prezzi ha aumentato le transazioni nel terzo trimestre 2021.